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“MATER ARTIUM NECESSITAS”: LA NECESSITÀ CHE AGUZZA L’INGEGNO DELL’IDEATORE DELLA VESPA

I latini dicevano: Mater artium necessitasEnrico Piaggio, il geniale industriale che nell’immediato dopoguerra, quando tutto sembrava essere perduto, inventò il prodotto che avrebbe rivoluzionato “completamente” la mobilità su due ruote.

Questa oltre che essere la storia di un marchio, è quella di un imprenditore illuminato, innamorato della vita che ha saputo ricamare anche in momenti difficili senza tremare la sua idea dello scooter più famoso al mondo, conosciuto con il marchio Vespa. L’opera artistica, il modello Vespa GS 150 del 1955, è presente dal 2004 nel Museo di Arte Moderna di New York (MoMA), nel Dipartimento di Architettura e Design.

Le idee del giovane Enrico, sempre presente sulle scene della vita mondana dell’epoca, trovano presto conforto nella mano creativa dell’ingegnere Corradino D’Ascanio: uomo pragmatico, affatto appassionato di motociclette, sembra infatti che le “detesti”. Corradino fa in modo che il sogno di Enrico diventi realtà.

I due attraverso la Vespa danno nuova linfa vitale e identità alla Piaggio, anticipando i gusti e i bisogni degli Italiani sul finire degli anni Quaranta e portando ricchezza all’azienda di Pontedera.

Vespa evoca pensieri legati agli anni del boom economico, alle gite fuori porta, all’industrializzazione e alla “Dolce vita”. Per capire cosa sia successo veramente in quel periodo e quali siano stati i riflessi positivi sul marchio ancora oggi da chiunque conosciuto, occorre volgere lo sguardo agli inizi del secolo scorso.

Enrico Piaggio, nato nel 1905 a Pegli (a quei tempi, comune autonomo della “Grande Genova” di cui ne divenne quartiere negli anni ‘30), diviene ben presto un giovane brillante come il fratello Armando Piaggio: si laurea a soli 22 anni in Economia e Commercio, fa da subito il suo ingresso nell’azienda di famiglia, Società Anonima Piaggio & C. fondata nel 1884 a Sestri Ponente, dedita alla produzione di componenti aeronautici e navali; fra le industrie più conosciute in Italia (e si crede anche in Europa), fino alla fine degli anni Trenta.

Enrico entra in azienda dopo il fratello che dirige gli stabilimenti liguri (di Sestri Ponente e Finale Ligure), specializzati nella produzione di arredi navali, materiale rotabile per ferrovie e velivoli. Infatti, il giovane Enrico conduce la sezione aeronautica presente in Toscana (Pisa e Pontedera).

La gestione e l’ottica imprenditoriale di quest’ultimo si pongono inizialmente in perfetta sintonia con le scelte del padre Rinaldo Piaggio, caratterizzate dall’attenzione alla ricerca e allo sviluppo, nonché dal desiderio di fare della Piaggio di Pontedera il centro ideale per la progettazione aereonautica.

Il pensiero innovativo di Enrico trova attuazione inizialmente con Giuseppe Gabrielli e Giovanni Pegna, due tra i migliori ingegneri aeronautici italiani.

Nel 1931 si risentono ancora gli effetti della Grande depressione del 1929, nonostante ciò il giovane imprenditore, decide di rafforzare la squadra dei progettisti portando a sé anche il geniale inventore e appassionato aereonautico Corradino D’Ascanio, famoso progettista di eliche per elicotteri a passo variabile. 1

Con l’aumento della domanda di aerei, generato dalla politica di espansione coloniale dettata da Benito Mussolini, lo stabilimento di Pontedera si amplia assumendo nuovo personale: si passa da 200 dipendenti nel 1930, a circa 2.000 nel 1936.

Un anno dopo entra in azienda l’ingegnere Giovanni Casiraghi che si rivela ben presto un brillante progettista di aerei: si ricorda il modello P108, primo bombardiere quadrimotore impiegato dalla Regia Aeronautica durante il secondo conflitto mondiale.

Nel 1938, alla morte del padre, Enrico all’età di 34 anni, da tempo responsabile della divisione aereonautica dell’azienda, nel rispetto della divisione dei ruoli con il fratello Armando, assume la carica di co-amministratore delegato.

Negli anni successivi, l’industria aeronautica italiana subisce un calo di produzione avvertito anche dalla Società Anonima Piaggio & C., tra l’altro assai devastata dai molteplici bombardamenti e privata di materiale aziendale a causa dei ripetuti furti durante il periodo bellico.

Enrico Piaggio rischia di perdere la vita pochi giorni dopo l’armistizio dell’Italia per un futile motivo. Il 25 settembre del ‘43, mentre si trovava nell’Hotel Excelsior di Firenze, si rifiuta di alzarsi, in senso di rispetto, durante il discorso fatto alla radio dal generale (fascista) Rodolfo Graziani che avrebbe parlato sicuramente male contro gli Alleati anglo-americani; in quell’occasione il nostro uomo viene ferito gravemente da un ufficiale della Repubblica di Salò, per cui viene trasportato in ospedale in fine di vita dove subisce l’asportazione di un rene, fu questa operazione a salvarlo. Un anno dopo, si unisce in matrimonio con Paola dei Conti Antonelli (giovane donna di nobili origini, vedova del colonnello e scrittore Alberto Bechi Luserna). Enrico la accoglie nel suo mondo assieme alla figlia che prende il nome di Antonella Bechi Piaggio.

Dopo quell’incidente quasi fatale, Enrico decide di dare un nuovo assetto all’azienda: malgrado il conflitto mondiale avesse lasciato dietro di sé macerie, una popolazione affamata, stanca e disorientata, da corso ad una serie di progetti innovativi molto impegnativi.

Gli stabilimenti della Piaggio toscani sono gravemente danneggiati e inducono Enrico a trasferire la produzione a Biella, località meno bombardata dagli Alleati. Allo stesso tempo, trova in sé le forze necessarie per generare nuove idee di prodotto: partendo dal soddisfare le esigenze del pubblico che, al momento sono di natura primaria, come lo spostarsi per il lavoro, muovendosi e “zigzagando” tra le macerie delle strade distrutte.

Serviva realizzare un nuovo mezzo di trasporto semplice, dalle caratteristiche già descritte, a basso costo, alla portata di tutti, adatto anche alle donne sino ad allora escluse da questo tipo di mobilità. Perciò, occorreva realizzare principalmente “mezzi aerei di terra”: solo veicoli capaci di muoversi su due ruote in strade “immaginarie”.

In realtà l’uomo è incerto su cosa produrre esattamente, tuttavia i primi prototipi non mancano ad arrivare: nel 1944, periodo in cui i macchinari industriali vengono trasferiti da Pontedera a Biella, tecnici e ingegneri lavorano alacremente alla costruzione di un piccolo scooter, battezzato MP5 (Paperino), così chiamato dagli stessi operai per via della sua forma sgraziata. Tuttavia mai andato in produzione perché non abbastanza piacente agli occhi di Enrico.

Egli stesso comprende che per realizzare questo prodotto appartenente a un mondo “fantastico” che suoni anche pratico, occorre scegliere un progettista capace di uscire fuori dagli schemi: con la mente libera di spaziare e distaccarsi dalla concezione comune di una motocicletta, sino ad allora sinonimo di sporcizia e scomodità. Per cui affida la progettazione al già conosciuto ingegnere abruzzese Corradino D’Ascanio.

La richiesta del Dott. Piaggio è ben chiara: “Voglio un mezzo che metta l’Italia su due ruote, ma non voglio la solita motocicletta.” 2

Benché come già detto essere riluttante e avverso alle motociclette, l’ingegnere D’Ascanio si mette in “moto”. Egli stesso racconta: “Conoscendo ben poco le moto, ho potuto considerare il problema con mentalità del tutto nuova a concepire questo inedito mezzo di locomozione seguendo criteri intuitivi: pensavo, innanzitutto, che il futuro scooter sarebbe servito a chi, come me, non era mai stato un motociclista…”. 3

In poche settimane nasce così il primo esemplare di Vespa. È l’inizio di un grande amore che dura ancora oggi.

L’ingegnere coerentemente alla sua estrazione aereonautica, inizia e porta a termine il progetto dello scooter applicando tutte le conoscenze tecniche del volo al nascente prodotto, dimostratosi da subito innovativo in diverse sue parti, come ad esempio il braccetto della ruota anteriore laterale, la scocca portante e il cambio al manubrio.

A queste si aggiungono altre innovazioni, quali ad esempio la ruota di scorta, il piccolo motore 98 cc. (tale da garantire consumi ridotti senza interferire sulla velocità massima di 60 km/h), la pedana su cui è appoggiato il freno posteriore e l’ampia scocca frontale per il riparo delle gambe.

Il mezzo risulta essere per quei tempi una vera e propria invenzione, tra l’altro adotta materiali inusuali per il genere di prodotto, capaci di conferire leggerezza e allo stesso tempo resistenza. Anche il nome è del tutto nuovo, si dice che esso prenda spunto dalle vibrazioni del motore e dalla forma del mezzo vista dall’alto, il nuovo scooter si chiama Vespa. Pare che sia stato proprio Enrico Piaggio, alla vista del primo esemplare, a esclamare: “Sembra una vespa!” 4

Il 24 marzo 1946 lo scooter debutta alla Mostra della Meccanica di Torino dove vengono stipulati diversi contratti d’acquisto, il mese dopo si provvede a depositare la domanda di brevetto (clicca qui per vedere il documento). A chiusura della “fiera” l’imprenditore, in una lettera indirizzata al Direttore di produzione e a tutte le maestranze, scrive: “Ho il piacere di comunicarVi che i primi esemplari hanno incontrato l’ammirazione generale…Vi esprimo il mio più vivo compiacimento, certo che con l’unione di tutte le forze, potremo segnare altri passi importanti per la nostra ripresa industriale.” 5

Enrico Piaggio crede talmente tanto nelle potenzialità del suo prodotto che l’8 giugno 1946 la “Piaggio & C. Soc. p.a.” chiede anche la registrazione del marchio Vespa (n. protocollo 76231) presso la Camera di Commercio di Genova (clicca qui per vedere il documento). Oggi sappiamo che il segno distintivo Vespa è considerato dalla legge italiana marchio storico di interesse Nazionale, per essere trascorsi più di 50 anni dalla registrazione.

Preso dall’entusiasmo di questo nuovo prodotto e credendo tantissimo nelle sue capacità commerciali, Enrico Piaggio vuole immetterlo sul mercato, per questo conta di sfruttare i suoi buoni rapporti con l’aviatore e concittadino Giorgio Parodi affinché interceda con Moto Guzzi, cercando di sfruttare il prestigio del nome e la sua capillare rete di vendita. L’offerta viene rifiutata da Carlo Guzzi, perché contrario ad occuparsi di idee provenienti dall’esterno.

Sebbene ci fossero stati ottimi segnali commerciali alla fiera di Torino, il primo stock di produzione della Vespa (pre-serie della Vespa 98, proposta al prezzo di 55.000 lire), non viene accolto con entusiasmo dalla clientela. Così come pure per la sua versione lusso perché dotata di optional (proposta al prezzo di 61.000 lire).

Infatti, la vendita dei primi cinquanta esemplari fabbricati procede a rilento, probabilmente, per via del prezzo elevato rispetto alle possibilità che aveva il cliente dell’epoca. Il prodotto è fabbricato per lo più artigianalmente.

Il tenace imprenditore, per nulla scoraggiato da tale situazione, capisce che tra gli interventi da attuare nella produzione c’era quello di abbattere il costo unitario del veicolo, per cui non ha timore d’investire ancora, implementa così la nuova catena di produzione dei primi 2.500 esemplari.

Ora, quello che all’inizio commercialmente si sarebbe dovuto fare con Guzzi, lo si fa con Lancia: lo scooter viene esposto nelle concessionarie di quest’ultima e ne deriva un successo. Nel 1946 se ne vendettero 2.181 pezzi e, l’anno successivo, si quintuplicò la vendita, passando a 10.535 pezzi.

La diffusione della Vespa in Italia dà l’impulso alla motorizzazione di massa, perché diventa il prodotto alla portata di tutti, anticipando l’arrivo della Fiat 500, avvenuto negli anni Cinquanta. La mente brillante di Enrico non si ferma mai. Nel 1947 viene commercializzata l’Ape Piaggio, veicolo maneggevole a tre ruote, pensato apposta per le esigenze di piccoli trasporti merci nell’Italia del Dopoguerra.

Nel 1948, con l’uscita della Vespa 125, prende avvio una fase di straordinaria crescita produttiva aziendale e, nel giro di due anni, Piaggio riesce a guadagnare i primi canoni di licenza dalla concessione del brevetto, segnando così i primi guadagni dati dalle rendite provenienti da altri fabbricanti di moto, dai licenziatari del brevetto: inglesi, tedeschi, spagnoli e francesi.

Il miraggio di Enrico, si è trasformato in realtà: il 6 novembre del ‘53 si svolgono, presso gli stabilimenti di Pontedera, i festeggiamenti per la presentazione del modello Vespa numero 500.000, alla presenza di autorità locali, dell’Arcivescovo di Pisa e del titolare della Piaggio con i suoi operai. Tre anni dopo, si raggiunge un milione di modelli venduti. Numeri che oggi fanno sorridere, ma per l’epoca sorprendenti.

Estetica e funzionalità si fondono in un capolavoro di design italiano. La Vespa, intesa non più come semplice mezzo di trasporto ma mito, Status symbol, segno di un’Italia che va, spinta da una crescita economica senza precedenti.

Sono gli anni della lavatrice, delle prime TV, dei Beatles e di Vacanze Romane, attraverso cui il fenomeno della Vespa diventa planetario. Nascono stabilimenti Piaggio in Spagna, Stati Uniti, Brasile e India. Sui giornali stranieri, l’Italia sembra identificarsi come il “Paese della Vespa”.

Paolo Zanon, autore del libro “L’anima sportiva della Vespa”, in un’intervista rilasciata nel 2016 racconta di quanto Enrico Piaggio sia stato innovativo anche attraverso l’ideazione delle campagne pubblicitarie riguardanti la moto: ha battuto la concorrenza delle moto Guzzi e Lambretta, proponendo già negli anni Cinquanta immagini nuove, donne alla guida riprese in ambienti da sogno.

L’innovazione della Piaggio consiste anche nella terminologia usata per avvicinare il pubblico al prodotto: con “Vespizzatevi” si vuole dar vita alla “moda del marchio” Vespa e, quindi, anche al prodotto. La Vespa, che ormai cavalca l’onda del successo, viene acquistata perché piacente, pulita, pratica e adatta a qualsiasi persona e situazione.

Nella seconda metà degli anni Cinquanta, Enrico Piaggio da vero pioniere punta a sviluppare nuovi prodotti di locomozione a marchio Vespa, a cominciare dalle automobili. Nasce così la Vespa 400, una piccola “macchina”, progettata ancora una volta dall’ingegner D’Ascanio, presentata ufficialmente a Montecarlo il 26 settembre 1957.

Le linee di produzione vengono allestite a Fourchambault (un comune francese di 4.815 abitanti situato nel dipartimento della Nièvre, nella regione della Borgogna-Franca Contea), presso lo stabilimento “Ateliers de Construction de Motocycles et Automobiles (ACMA)”, consociata francese dell’azienda Piaggio.

Siamo tra il 1958 e il 1964, il prodotto macchina non ottiene risultati: la Vespa 400 si rivela un fiasco con buona parte dei circa 34.000 esemplari rimasti invenduti. A quanto pare la decisione finale di non imporla in Italia, si dice “per evitare conflitti con la Fiat”, costa cara al nostro imprenditore.

Dalla nascita della Vespa in poi, i momenti più significativi per la produzione della Piaggio sono davvero molteplici: la prima granturismo, la Vespa GS 150 del 1955; la Vespa 50 del 1963 (per tutti gli italiani “il Vespino”), che segnò una pietra miliare nella storia dello scooter più famoso al mondo (e fu seguita, nel 1969 dal grande successo della 50 Special); la 90 Super Sprint del 1965 e , per finire, la 125 Primavera del 1967, vero e proprio oggetto di culto per i giovani dell’epoca.

Durante il 1963 la Piaggio & C. S.p.A. attraversa un periodo di elevata tensione tra dirigenza e lavoratori, originata dal calo delle vendite (dimostratosi poi temporaneo) e che ha ripercussioni sulla produzione e occupazione. Un anno dopo, le due divisioni aziendali – quella di terra e quella aereonautica – diventano a tutti gli effetti indipendenti tra loro; nasce la Piaggio & C. S.p.A. con sezione motociclistica e la IAM Rinaldo Piaggio, in seguito Piaggio Aero Industries (oggi Piaggio Aerospace S.p.A.).

Tuttavia, Enrico non può assistere alla fase di rilancio dell’azienda perché muore nell’autunno 1965, alla sola età di 60 anni, a seguito di un malore avuto proprio nel suo ufficio, probabilmente mentre era in atto una protesta tra i lavoratori.

Il processo di crescita continua perché l’impronta data da Enrico rimane impressa come un marchio a fuoco: nel 1969 viene assunto il controllo della Gilera e & C. S.p.A., celebre casa motociclistica di Arcore, motivo di vanto per la tecnologia e capacità italiana nel settore delle moto.

Spetta alla Piaggio, guidata allora da Umberto Agnelli marito della figlia adottiva di Enrico Piaggio (dalla cui unione nascerà Giovanni Alberto Agnelli), ad acquisire e rilanciare il marchio Gilera.

A seguire si ha l’introduzione di nuovi ciclomotori di grande successo. Sono gli anni del Ciao (1966), Boxer (1970), Bravo (1973) e Piaggio Vespa PX 125 (1977), “replicata” da una sua versione gigante, un modello fuori scala di 4 metri di altezza.

Nel 1980, viene acquisito il marchio per biciclette più antico al mondo, Bianchi della F.I.V. Fabbrica Italiana Velocipedi Edoardo Bianchi S.p.A., marchio prestigioso che rimane all’interno del gruppo Piaggio per molti anni.

Superati i “difficili” anni Settanta, il decennio Ottanta del Novecento è un periodo di crescita per l’Italia, dunque nuovi prodotti vengono immessi sul mercato fra cui ricordiamo la Sfera, il primo scooter dall’aspetto molto appariscente con carrozzeria in plastica.

Gli anni 90 segnano la nascita della holding Piaggio & C. S.p.A. e il giovane imprenditore, Giovanni Alberto Agnelli, ne diviene presidente. Seguono in questi anni HexagonX8X9Nexus e Beverly e ancora i modelli Vespa ET, all’MP3 e Vespa LX 60.

Dal 1997 in poi per Vespa e Piaggio, sono anni di cambiamenti importanti, scompare prematuramente Giovanni Alberto Agnelli e subentra alla guida di questi due importanti marchi Alessandro Barberis. Due anni dopo, gli azionisti della famiglia Piaggio cedono il controllo della società al gruppo finanziario Morgan Grenfell Private Equity. Nel 2003 un nuovo passaggio di proprietà vede l’acquisizione dell’azienda da parte di Roberto Colaninno e della holding industriale Immsi S.p.A.; l’anno dopo, viene acquisita l’azienda veneta Aprilia S.p.A. alla quale fanno capo altri marchi storici come Moto Laverda e Moto Guzzi.

Ad oggi il gruppo Piaggio fa uso insieme a Vespa di molteplici brand di successo: ApriliaDerbiGileraMoto GuzziPiaggioScarabeoApe e Piaggio veicoli commerciali.

Attualmente il marchio Vespa è ancora il più importante tra quelli citati, difatti è anche ben tutelato in ogni parte del mondo. Dal lontano 1946, anno del primo deposito, è stato registrato dalla Piaggio & C. S.p.A. nei vari aspetti grafici e letterali, nei seguenti Paesi: Stati Uniti (Marchi Federali) (114 marchi); Stati Uniti (Marchi Statali) (3 marchi); Canada (75 marchi); Messico (47 marchi); Bermuda (3 marchi); Costa Rica (5 marchi); Guatemala (10 marchi); Honduras (2 marchi); Nicaragua (6 marchi); Panama (12 marchi); Argentina (45 marchi); Bolivia (4 marchi); Brasile (62 marchi); Cile (29 marchi); Colombia (35 marchi); Ecuador (21 marchi); Paraguay (21 marchi); Perù (48 marchi); Uruguay (27 marchi); Venezuela (39 marchi); Repubblica Dominicana (2 marchi); Albania (4 marchi); Andorra (5 marchi); Danimarca (12 marchi); Estonia (3 marchi); Federazione Russa (4 marchi); Finlandia (14 marchi); Francia (5 marchi); Germania (3 marchi); Grecia (18 marchi); Irlanda (8 marchi); Islanda (1 marchio); Italia (228 marchi); Kosovo (4 marchi); Lettonia (2 marchi); Macedonia del Nord (1 marchio); Malta (1 marchio); Montenegro (1 marchio); Norvegia (1 marchio); Polonia (5 marchi); Regno Unito (34 marchi); Romania (1 marchio); Serbia (1 marchio); Spagna (15 marchi); Svezia (19 marchi); Svizzera (12 marchi); Marchi UE (204 marchi); Arabia Saudita (10 marchi); Cisgiordania (Giudea e Samaria) (3 marchi); Emirati Arabi Uniti (26 marchi); Giordania (6 marchi); Iran (4 marchi); Israele (28 marchi); Kuwait (2 marchi); Libano (7 marchi); Qatar (7 marchi); Siria (1 marchio); Algeria (2 marchi); Angola (1 marchio); Etiopia (2 marchi); Kenya (1 marchio); Libia (3 marchi); Madagascar (1 marchio); Marocco (2 marchi); Maurizio (2 marchi); Nigeria (1 marchio); O.A.P.I. Organizzazione Africana della Proprietà Intellettuale (4 marchi); Sudafrica (12 marchi); Tanzania (1 marchio); Tunisia (17 marchi); Uganda (2 marchi); Zanzibar (1 marchio); Afghanistan (3 marchi); Bangladesh (6 marchi); Bhutan (2 marchi); Cambogia (21 marchi); Cina (65 marchi); Corea del Sud (32 marchi); Filippine (15 marchi); Giappone (51 marchi); Hong Kong (51 marchi); India (90 marchi); Indonesia (66 marchi); Laos (1 marchio); Macao (7 marchi); Malesia (78 marchi); Myanmar (8 marchi); Nepal (3 marchi); Singapore (26 marchi); Sri Lanka (3 marchi); Taiwan (105 marchi); Thailandia (3 marchi); Vietnam (14 marchi); Australia (16 marchi); Nuova Zelanda (21 marchi); Tutti i marchi internazionali (IR) (95 marchi).

Fonti:
1 <www.museopiaggio.it/collezioni/elica-a-passo-variabile-2/>
2, 3, 4 <tv.fanpage.it/la-storia-di-enrico-piaggio-e-della-vespa-icona-dellitalia-nel-mondo-grazie-al-film-vacanze-romane/” rel=”noopener” target=”_blank”>https://tv.fanpage.it/la-storia-di-enrico-piaggio-e-della-vespa-icona-dellitalia-nel-mondo-grazie-al-film-vacanze-romane>
5 <it.wikipedia.org/wiki/Piaggio_Vespa>
<www.museopiaggio.it/storia/>
<it.wikipedia.org/wiki/Piaggio>
<www.elogioallavespa.it/pubblicita.html>
<biografieonline.it/biografia-enrico-piaggio>
<digilander.libero.it/addettovespa/1.htm>
<dati.acs.beniculturali.it/mm/local/>
<books.google.it/books?id=Mty_DwAAQBAJ&printsec=frontcover&dq=enrico+piaggio&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjFsZj3kJfmAhWRZMAKHYYdDvAQuwUILDAA#v=onepage&q=enrico%20piaggio&f=false>